©foto di Daniela Parisi
Corpo & Voce
Abbiamo tutti un bisogno organico di incontrare. Nelle sue relazioni umane, nel suo rapporto con un oggetto di studio, e con il suo ambiente. Incontrarsi è creare un contatto e coltivare le sue proprie qualità emergenti. Il conosciuto incontra lo sconosciuto e rinnova gli momenti di vita. Il processo di questo rinnovamento è come una qualità poetico intimamente legato a una necessità vitale, sentire che vale la pena vivere e sorprendersi nel continuare a imparare.
L'esistere è un fatto che vive nel paradosso tra il dover essere sempre con se stessi e il dover essere sempre al mondo. "Sto per (ri)conoscerti e allora sto per (ri)conoscere me stesso." In questo spazio tra sé e il mondo c'è come un terreno di gioco, un potenziale creativo all'origine dell'espressione. L'espressione è articolata dall'illusione del gioco, delle forme e delle storie che ci avvicinano alla realtà perché ci rimandano alla nostra esistenza e aprono le nostre percezioni alla diversità delle possibilità.
Questo spazio creativo non è né nel mondo e fuori di sé, né in sé e fuori dal mondo.
È piuttosto che i materiali della memoria entrano in contatto con i materiali del suo ambiente e viceversa. Nell'atto creativo siamo di fronte alla costruzione di una partitura di azioni e allo sviluppo dei suoi dettagli.
In questo terreno tra gli opposti avviene l’azione
∙ Scelta fatta al momento tra infinite possibilità.
∙ Attiva nel azione e passiva nella reazione.
∙ Esperienza del presente supportata dalla memoria.
∙ Articolato nella sua forma e improvvisato nel suo fare del momento.
. Spontaneo, fatto una volta e strutturato, ripetuto durante le presentazioni
∙ Un fare molto personale al servizio del mondo impersonale.
∙ Attraversandomi senza essere solo di me.
∙ Che ci permette di scoprire e di farci scoprire.
∙ Chi scompare, il suo gesto è compiuto, e lascia una traccia, come un ricordo.
Essere e fare coemergono. Quando agisco mi definisco in un fare, quindi sono l'azione. Essendo nell'azione, la vivo, quindi la ricevo. Passiamo dall'identità definita al lasciar andare - questo che non è un abbandono - e si è pienamente ciò che è, in una percezione diretta dell'esperienza.
L'azione danza sul filo tra il conosciuto -del personale e del mondo - e lo sconosciuto - del personale e del mondo. Questa danza appare nella sua qualità di leggerezza e gravità, trasparenza e fatica, tocca l'autentico per poi scomparire. L'essere fatto di memoria e aspirazione approfondisce attraverso l'esperienza, la sua relazione con il mondo.